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S. Miceli. Un sito in cui archeologia e geologia si sposano
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La località S. Miceli, dove sono ancora presenti le rimanenze del monastero, sorge a pochi chilometri dalle due Petralie, e sulle sue rovine sono nati molti racconti.
Attraversato da un evidente contatto tettonico, il substrato affiorante è costituito da arenarie fini e peliti marnose, con potenti intercalazioni di quarzareniti a banchi conglomeratico-arenacei, indicati in letteratura come depositi del Flysch Numidico (Membro di Geraci).
L’età è riferibile all’Oligocene superiore – Miocene inferiore e muovendosi verso Est, in affioramento, è possibile scorgere argilliti siltose, livelli argilloso-arenacei con intercalazioni di megabrecce ed elementi carbonatici mesocenozoici (Argille di Portella Mandarini).
Facilmente raggiungibile attraverso il percorso forestale che si diparte dalla strada provinciale per Piano Battaglia, è comunque un luogo molto suggestivo da visitare che racconta del connubio roccia-uomo molto sviluppato nelle Madonie.


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
     
 

Cenni storici sul monastero di “S. Michele Arcangelo”.

Il monastero benedettino di S. Michele Arcangelo sorgeva, pare, a pochi chilometri dall’attuale sito delle due Petralie, nella località denominata appunto nel dialetto locale San Miceli, là dove ora si possono vedere quelle rovine (resti di mura e cocci di argilla) intorno alle quali sono fiorite nel tempo moltissime leggende.
Un diploma del 1131, ci informa che il 13 febbraio di quell’anno, il re Ruggero II donò la chiesa di S. Michele Arcangelo di Petralia, che era stata edificata da Rodolfo di Belbaco, a Simeone, abate di Santa Trinità La Cava presso Salerno, da cui giunsero anche i primi monaci che popolarono in seguito il convento. Questo documento, corredato da un sigillo d’oro che lo raffigura e dalla sua firma autografa in greco, è il più antico diploma latino di Ruggero ed è estremamente importante perché descrive, con dovizia di particolari, situazioni e luoghi del territorio madonita in quel periodo.
La donazione, che comprendeva terre e servi cristiani e saraceni, attesta l’influenza dell’abbazia cavense in Sicilia, prima della fondazione di quella di Monreale e rientra nella condotta politica dei sovrani normanni, che mantennero sempre uno stretto controllo sugli istituti religiosi; Ruggero II poi, procedette all’unificazione dell’Italia meridionale, prescindendo quasi dall’autorità papale: il 25 dicembre del 1130, era stato incoronato re di Sicilia da un rappresentante dell’antipapa Anacleto II, dalla cui parte si era schierato anche Simeone. Dopo la riconciliazione di Ruggero col pontefice, il 6 maggio del 1149, papa Eugenio III ribadì la dipendenza di S. Michele Arcangelo e S. Pietro di Petralia, dall’abbazia di Cava. Non si conosce l’origine di quest’ultima chiesa, probabilmente venne presto assorbita da S. Michele, che divenne una fondazione monastica reale, come dimostra la conferma di Alessandro III, del 30 gennaio 1169.

Dott. Alessia Ferraro

 

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